Si chiamava Oreste ed era un bastardino bianco: quando San Rocco, colpito dalla peste, decise di attendere la fine in un bosco, rimase accanto a lui, lo dissetò e gli portò un po' di pane; poi mori con lui. Era il 16 Agosto 1331.
Quando il viandante Rocco approda al castello di Gottardo si appoggia ad un lungo bastone e dalla cintola gli pende una conchiglia che Rocco usa come ciotola per dissetarsi lungo la via. Oreste gli corre incontro scodilzolando come se lo avesse da sempre conosciuto: Intanto la peste è esplosa e occorre prodigarsi senza sosta per salvare vite umane. Oreste è al suo fianco.
Poi, un giorno, Oreste si presenta al castello da solo, le orecchie abbassate, mesto, smagrito. Gli porgono amorevolmente una ciotola piena di cibo, ma il cane rifiuta.
Afferra invece al volo un tozzo di pane; però non lo mangia, anzi lo tiene ben saldo delicatamente tra i denti, senza però masticarlo. D'un tratto scompare velocemente verso il bosco. Ci si chiede come mai si comporti un quel modo e la risposta verrà qualche giorno più tardi quando si scopre che Oreste porta il tozzo in una radura dove giace, malato di peste, proprio Rocco.
Il futuro santo si dibatte fra la vita e la morte e Oreste trascorre con lui tutto il suo tempo.
Si stacca soltanto per procurargli un po' di pane e per immergere nell'acqua di un torrente la conchiglia di Rocco: procedendo lentamente tra arbusti e rovi per non perdere neppure una goccia del prezioso liquido, lo porta all'amico che può dissetarsi dall'arsura della febbre.
Ma Rocco non ha più la forza di abbeverarsi da solo. Oreste, con infinita delicatezza, avvicina la conchiglia piena d'acqua alle labbra di Roco, lo aiuta a dissetarsi. Poi trova il modo di spezzare, col suo musino affilato, piccoli pezzi di pane, li porge a Rocco e gli consente così di sfamarsi.
Ma un brutto giorno, durante un temporale, un ramo si spezza e colpisce una zampa di Oreste e gliela spezza. Oreste trova la forza di trascinarsi fino a Rocco che lo guarda e gli indica alcuna erbe medicamentose. Oreste le raccoglie con i denti, le porta a Rocco che lo cura e allevia il suo dolore.
Uomo e cane rimangono lì, uniti, sino alla fine.
San Rocco muore qualche ora più tardi. Il cane non lo abbandona. Potrebbe trascinarsi fino a casa, farsi curare; invece decide di stare accanto a S. Rocco fino a quan do il respiro glielo concede. Quando sente che sta per arrivare la fine, reclina la sua testolina sul petto del padrone, devastato dal male e ormai immobile. Chiude gli occhi e si lacia trasportare dall'oblio.
Li troveranno molti giorni dopo alcuni viandanti, ancora vicini, stretti l'uno all'altro. E accanto ai due corpi.....un pezzo di pane, l'ultimo!!!
COME VIVERE LE SITUAZIONI ORDINARIE IN MODO STRAORDINARIO ATTRAVERSO IL RIFERIMENTO AL VANGELO
LINGUAGGIO SEMPLICE ED IMMEDIATO PER LE PARABOLE EVANGELICHE
LINGUAGGIO SEMPLICE ED IMMEDIATO PER LE PARABOLE EVANGELICHE
martedì 31 gennaio 2012
sabato 28 gennaio 2012
IL CANE DI S. GIOVANNI BOSCO : SEMPLICE CANE O ANGELO ?
Ma il 27 Novembre del 1854, a causa di una serie di circostanze sfortunate, don Bosco si ritrovò a rientrare a Casa Pinardi tutto solo. Pioveva e si era levata una spessa cortina di nebbia e mai il quartiere gli era sembrato tanto inquietante. I suoi passi risuonavano sinistramente nei vicoli e don Bosco trasaliva a ogni curva, aspettandosi di trovarsi la strada sbarrata da qualche malintenzionato. A un tratto, UN CANE ENORME, uscito da chissà dove, si piazzò davanti a lui.
Era una bestia gigantesca, un molosso terrificante, dal pelo grigio scuro, il cane più grande e più grosso che il povero prete avesse mai visto in vita sua!. Don Bosco si bloccò, tremando, aspettandosi di essere aggredito da un momento all'altro ma il cane, anziché balzargli addosso, ecco che cominciò a scodinzolare: Il prete guardò quel muso terrificante e vide in esso gli occhi più dolci che avesse mai scorto...Prima che potesse pensare a una qualsiasi reazione, il cane avanzò a testa bassa verso di lui e gli leccò le dita con tenerezza, come a volerlo rassicurare sulle sue intenzioni. Il prete si tranquillizzò e, sorridendo, accarezzò il molosso sulla schiena.
Da quella notte il CANE, che Don Bosco battezzò "Il Grigio", diventò una presenza costante nella vita del coraggioso fondatore dell'oratorio.
Sulle prime, il prete si era convinto che si trattasse del cane da guardia di un vicino o di un contadino dei dintorni, e che si fosse perso, ma tutti i suoi tentativi di trovare il padrone del cane risultarono inutili: nessuno, prima di lui, aveva mai visto quella bestia gigantesca. Il Grigio, del resto, non era alla ricerca di un padrone: don Bosco avrebbe voluto tenerlo con sé, ma il cane se ne andava e veniva a suo piacimento, restando lontano anche per giorni e settimane e ricomparendo all'improvviso, guarda caso, proprio quando don Bosco aveva bisogno di lui...
"Ma dove te ne vai n giro? Dove?", gli domandava accarezzandolo quando ricompariva. Il Grigio mugolava di gioia sotto le sue carezze, guardandolo con quegli occhi così grandi, così luminosi...così misteriosi.
Qualche settimana dopo la comparsa del misterioso molosso, Don Bosco venne di nuovo sorpreso di notte da solo nel desolato quartiere di Casa Pinardi. Questa volta i suoi timori non erano infondati: c'era qualcuno, acquattato nell'oscurità, che sembrava aspettare solo lui.
Due uomini si staccarono all'improvviso dall'ombra, cominciando a pedinarlo apertamente. Rallentavano quando il prete rallentava, acceleravano il passo qando don Bosco faceva altrettanto.
Don Bosco avrebbe voluto ritornare indietro verso la relativa sicurezza delle strade illuminate del centro, dove i passanti avrebbero potuto soccorrerlo...Cercò di aprirsi una via di fuga correndo all'impazzata dopo aver svoltato in una strada laterale, ma i due uomini, che erano in condizioni fisiche migliori delle sue, in un lampo gli furono addosso e gli gettarono sulla testa un sacco di tela per impedirgli di vedere e smorzare così la sua resistenza.
Don Bosco si accasciò, convinto che i due uomini stessero per accoltellarlo, quando a un tratto ottanta chili di muscoli, di pelo e di denti si abbatterono sulle spalle degli aggressori: Il Grigio, furioso, selvaggio, abbaiava come un pazzo e mordeva come una muta di cani, lacerando la carne dei criminali, che avevano lasciato andare la loro vittima per cercare di difendersi dall'assalto di quella bestia feroce.
Don Bosco si tolse ansimando il sacco dalla testa e contemplò la scena impressionante che si ritrovò davanti: sebbene armati di coltello, i due delinquenti stavano avendo la peggio contro Il Grigio, che li avrebbe sicuramente sbranati se il prete non fosse intervenuto in loro soccorso.
"Basta, Grigio, basta, lasciali andare!" gridò.
Rimasti soli nel silenzio della notte, il cane e Don Bosco si guardarono negli occhi.
"Non potrò ma dimenticare quello sguardo...Amore...tenerezza, calore...Davvero, ho avuto in quel momento la certezza di stare fissando il mio ANGELO CUSTODE negli occhi", raccontò in seguito il santo con indicibile commozione.
Fu la prima volta che Il Grigio salvò la vita a don Bosco, ma non fu l'ultima: nel corso degli anni altre volte il cane, comparendo dal nulla, riuscì a mettere in fuga gli aggressori.
Dopo aver compiuto il suo provvidenziale salvataggio, il molosso scompariva di nuovo.
Nessuno aveva idea di dove andasse tra un salvataggio e l'altro, di sicuro non nei pressi di Casa Pinardi, né nei quartieri adiacenti.
Quando don Bosco lo faceva entrare nell'istituto, Il Grigio era dolce come un agnellino con i bambini: il molosso che metteva in fuga uomini grandi, grossi e armati, quando era con i piccoli si lasciava tirare la coda e le orecchie, limitandosi a uggiolare quando veniva accarezzato e a scodinzolare felice.
Una cosa non fece mai Il Grigio: mangiare.
Nonostante don Bosco gli offrisse del cibo ogni volta che lo vedeva, il cane non accettò mai neppure un boccone. In altre occasioni, don Bosco, che si apprestava ad uscire, lo trovava sdraiato di traverso sulla soglia come per impedirgli il passaggio. Il santo imparò presto che era meglio rispettare gli avvertimenti dello strano animale...
Il Grigio fu la guardia del corpo di Don Bosco per anni, finché suoi nemici non arrivarono alla conclusione che non avrebbero potuto in nessun caso fargli del male e smisero di provarci. Da quel giorno, Il Grigio sparì dalla vita del grande santo misteriosamente come vi era entrato.
Ma era davvero un angelo? A far propendere per questa ipotesi, per molti versi sconcertante, sono le circostanze che seguono...
Nel 1864, don Bosco, che non aveva visto Il Grigio per quasi dieci anni (e sono davvero tanti, dieci anni, nella vita di un cane!), stava andando a trovare degli amici quando si rese conto di essersi perso e venne colto da una certa inqietudine. Improvvisamente, un grande colpo di lingua ruvida sulle dita gli fece abbassare gli occhi: Il Grigio era accanto a lui e lo fissava scodinzolando come per esortarlo a seguirlo. Sbalordito per quella improvvisa apparizione, don Bosco lo accontentò e, presto, si rese conto che il cane lo aveva rimesso sulla strada giusta, conducendolo proprio a casa dei suoi amici.
Passarono altri diciannove anni e una sera, era il 1883, don Bosco si perse per le strade di Torino, ma non ebbe il tempo d preoccuparsi: Il Grigio era là, festoso, contento, affettuoso, giovane come la prima volta, quasi trent'anni prima, in cui gli era comparso davanti.
Sorprendente longevità, considerato che la durata media della vita di un cane non supera i dodici anni...
giovedì 26 gennaio 2012
LE STRADE DELLA PACE
La giustizia sarà come la pioggia che penetra e feconda il vivere insieme, la pace sarà il raccolto abbondate di una stagione lavorata da Dio.
...Così rifioriranno tra noi, in maniera per molti insperata, l'amore e la fedeltà, la giustizia e la pace.
...Così rifioriranno tra noi, in maniera per molti insperata, l'amore e la fedeltà, la giustizia e la pace.
LE PICCOLE COSE DELLA VITA
SIGNIFICATO DELLA PROPRIA VITA
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